Commento Mc 9,30-37

Pubblicato giorno 19 settembre 2021 - Commento, In home page

Dio e Io: la presenza o meno di una semplice consonante cambia la vita, trasforma i nostri comportamenti e modifica profondamente il cuore. “Il figlio dell’uomo – dice il Vangelo – il figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno” Gesù parla di croce, di dolore, di morte, di vita donato, di amore, e i discepoli invece parlano di altro. “Discutevano tra loro di chi fosse il più grande” – annota il Vangelo.

Parlano di Dio senza la consonante D. C’è da stabilire tra loro delle gerarchie e poteri. Davvero una grande distanza tra il Maestro e i discepoli. Davvero una grande distanza tra Cristo e noi. La nostra mente è occupata da sogni di gloria, una sfrenata corsa all’ambizione, al desiderio di esser sugli altari, fumigati con l’incenso e riveriti, pronti a salire sul podio degli onori, ricercando il centro del cerchio e raccogliendo a piene mani applausi e consensi. Parliamo di Dio senza la consonante D.

Cristo ci invita a rovesciare questa gerarchia, mettendo al centro chi è piccolo e fragile. “Se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo e il servo di tutti“. Scegliere la periferia, iniziare dal basso e rimanerci, costruire la tenda del nostro vivere in mezzo a vite che vivono in tenda, educando alla dignità e rispetto degli altri. “Da che cosa derivano le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? – dice san Giacomo nella seconda Lettura. Non vengono forse dalle vostre passioni che combattono nelle vostre membra? Tramate e non riuscite a possedere e uccidete: invidiate e non riuscite ad ottenere, combattete e fate guerra! Non avete perché non chiedete: e non ottenete perché chiedete male, per spendere per i vostri piaceri“. Una immagine dei nostri tempi! Incredibile. Rimettiamo allora quella consonante D davanti alla parola io.

GESU’ E L’ALTRA GUANCIA

Un uomo mendicava da 25 anni davanti ad una chiesa. Si era fatto amico anche del prete che celebrava lì. Il sacerdote sapeva che cosa significa ‘sofferenza’: era rimasto senza famiglia a 10 anni; i suoi genitori e familiari erano stati tutti trucidati durante la guerra. Ma da qualche giorno il mendicante era sparito. Il sacerdote lo andò a cercare; lo trovò morente in una catapecchia abbandonata. Fu allora che il povero mendicante supplicò:

“Padre, ho un peso da confessare prima di morire: tanti anni fa ero a servizio da un’ottima famiglia. Marito, moglie, la figlia e, soprattutto il figlio ancor fanciullo, mi volevano molto bene. Io ero povero; attratto dal desiderio di venire in possesso di tutti i beni di quella famiglia, dissi che erano partigiani: furono uccisi. Solo il figlio piccolo riuscì a sfuggire. Con l’ingiusta eredità divenni ricco, mi diedi a tutti i piaceri, sperperai tutto, ma non riuscii a dimenticare l’enorme delitto… Ora sono pentito. Ma è tardi per ricevere il perdono di Dio”.

Mentre il povero penitente si confessava, a poco a poco, ritornava alla mente del sacerdote confessore la storia della sua famiglia. Alla fine fu colpito al cuore da una lucida conclusione: quell’uomo era l’assassino dei suoi e il dilapidatore dei beni della sua famiglia! Scoppiò allora una furiosa battaglia nel suo cuore tra il perdono e il desiderio di giustizia. Dopo alcuni istanti d’una tremenda lotta, che gli rigò il viso di sudore e di lacrime, alzò la mano sacerdotale e disse:

“In nome di Dio e mio ti perdono tutto!